Ancora sangue 70 morti in 24h

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  1. Il Demoralizzatore
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    Ancora sangue, settanta morti in 24 ore
    Liberi 1.180 arrestati in manifestazioni


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    BEIRUT - Le autorità siriane hanno rilasciato 1.180 persone arrestate nelle manifestazioni anti-regime che non sono accusate di omicidio. Lo rende noto l'agenzia ufficiale Sana, ricordando che il 5 novembre scorso, in occasione della festa musulmana del Sacrificio, erano stati rilasciati altri 553 detenuti

    BILANCIO MORTI LUNEDI' SALITO A 73 - Più di 70 persone sono morte ieri nelle violenze in Siria, in una delle giornate più sanguinose negli otto mesi di rivolta popolare contro il regime del presidente Assad. Lo ha reso noto in un comunicato una ong siriana, l'Osservatorio siriano dei diritti dell'uomo, con base a Londra. Secondo la ong, i morti sono complessivamente 73: 27 civili sono stati uccisi dalle forze di sicurezza e 34 soldati e 12 presunti disertori sono morti in scontri. Sessanta persone sono rimaste ferite.

    La maggior parte delle vittime sono morte nella provincia di Daraa, nel sud del paese, da dove è partita la contestazione il 15 marzo scorso. I numeri non sono verificabili perché il regime impedisce ai giornalisti stranieri di entrare nel paese. "Ventitre persone sono morte a Daraa per gli spari delle forze di sicurezza contro le barricate sulla strada che collega le località di Kherbet Ghazale a Hirak" si legge nel comunicato. Nella stessa zona, "34 soldati sono morti negli scontri con uomini armati, verosimilmente disertori, 12 dei quali sono morti". Altri 4 civili sono stati uccisi dalle forze di sicurezza a Homs.

    di Alberto Zanconato

    Forte del ribadito sostegno della Russia, il regime siriano risponde alla sospensione decretata dalla Lega Araba affermando che "non si piegherà" e dicendosi sicuro che in Siria "non si ripeterà lo scenario libico". A lanciare la sfida è stato oggi il ministro degli Esteri di Damasco, Walid al Moualem, mentre la Lega Araba, la Turchia e Ue alzavano il tono delle loro condanne della violenta repressione. Intanto però, re Abdallah di Giordania è diventato il primo leader arabo a chiedere apertamente al presidente siriano, Bashar al Assad, di andarsene. "Fossi nei suoi panni mi dimetterei", ha detto il sovrano in un'intervista alla Bbc, sollecitando Assad a dialogare con l'opposizione per aprire una transizione ordinata. E in serata una folla di manifestanti pro-regime ha preso d'assalto l'ambasciata giordana a Damasco, arrivando nel cortile e ammainando la bandiera, sostituita con un vessillo di Hezbollah.

    Intanto nelle strade delle città siriane si continua a morire. Secondo le denunce di attivisti, circa 40 persone sono morte oggi nel sud in scontri tra forze di sicurezza e manifestanti: di questi una ventina sarebbero agenti e soldati. Secondo alcune fonti i militari sarebbero stati uccisi da disertori. Le forze di sicurezza hanno inoltre ucciso oggi tre persone in un bombardamento sul distretto di Bab Amro a Homs, secondo attivisti della Commissione generale per la rivoluzione siriana citati dalla televisione panaraba Al Jazira. La decisione della Lega Araba di sospendere la Siria è "un passo molto pericoloso per l'azione araba congiunta", ha affermato Moualem in una conferenza stampa trasmessa in diretta televisiva. Secondo il ministro degli Esteri, che si è scusato per gli assalti di dimostranti pro-governativi a sedi diplomatiche durante il fine settimana, la Lega Araba ha agito sotto l'influenza degli Usa, che ha definito un "membro non ufficiale" della stessa Lega Araba. La ragione, secondo Moualem, è da ricercare nelle "ferme posizioni" della Siria, alleata di ferro dell'Iran. Le relazioni con Teheran e con Mosca, ha affermato il ministro degli Esteri, rimarranno "strategiche" e la Siria uscirà da questa crisi "più forte di prima".

    A confermare la tenuta dell'asse Mosca-Damasco-Teheran era stato poco prima il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, che nel giro di pochi minuti aveva definito la sospensione della Siria dalla Lega Araba un'azione sbagliata e pianificata, accusando i Paesi occidentali di istigare l'opposizione radicale, e respinto come una "campagna orchestrata" le accuse all'Iran di voler costruire armi atomiche. Anche se Washington afferma che Assad è sempre più isolato, a questo punto sembra sempre più lontana la possibilità che l'Onu si faccia promotore di "una forte azione" con il sostegno di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, come auspicato dai ministri degli Esteri dell'Unione europea, che hanno approvato nuove sanzioni contro esponenti del regime siriano. Nel marzo scorso era stata l'astensione della Russia e della Cina a permettere il varo di una risoluzione che autorizzava la 'No fly zone' sulla Libia, aprendo la strada all' intervento della Nato. Lavrov ha detto che lavorerà a una soluzione della crisi, ricevendo tra l'altro domani a Mosca Bhuran Ghalioun, presidente della coalizione dell'opposizione Consiglio Nazionale Siriano (Cns). Mentre la Lega Araba ha annunciato che invierà in Siria una delegazione di 500 persone fra rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani, media e militari. La data dell'invio non sarà definita prima di una nuova riunione dei ministri degli Esteri, il 16 novembre a Rabat. Da parte sua la Turchia usa toni sempre più duri contro il regime di Assad dopo i tentati assalti alla sua ambasciata a Damasco e al consolato a Latakia. Il ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, ha avvertito che Ankara userà "un approccio più deciso", ribadendo che la Turchia rimane "dalla parte del popolo che ha ragione ad avanzare le proprie richieste".
     
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