Felon - Il colpevole

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  1. Ciccio.
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    Questo film mi piace molto, consiglio a tutti di vederlo.

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    CITAZIONE
    Wade Porter è un uomo sereno. Ordinariamente inserito nella quotidiana realtà lavorativa e famigliare, condivide con la sua compagna Laura, (Marisol Nichols) ed il loro figlio, una vita tranquilla, scandita dal ritmo di un'attività promettente e l'aspettativa del prossima matrimonio. Ma il futuro ha in serbo ombre di ben altra natura. L'incubo di Wade inizia quando,una notte, la coppia viene risvegliata da rumori provenienti dalla camera del figlio Michael. Afferrata una mazza da baseball, Wade si precipita nella stanza da letto del ragazzo, sorprende l'intruso, lo mette in fuga e, in giardino, ad un movimento sospetto del ladro, lo colpisce ed accidentalmente lo uccide. All'arrivo della polizia, viene accusato di omicidio di 2° grado, essendo il corpo fuori dell'abitazione. Su consiglio del sua avvocato, Wade si dichiara colpevole di omicidio involontario, per ottenere la riduzione della pena ad un minimo di pochi mesi, ma sulla via del trasferimento al penitenziario di Corcoran, l'uomo si vede coinvolto in una rissa fra detenuti, che lo porterà ad essere rinchiuso nel carcere di massima sicurezza, fra prigionieri pericolosi, con l'aggravante della cancellazione della riduzione di pena. In cella, Wade conosce John Smith, (Val Kilmer), anch'egli rinchiuso a vita per aver ucciso due uomini, che avevano assassinato sua moglie e sua figlia, estendendo la sua vendetta ai membri delle famiglie degli assassini. Col tempo,Wade sviluppa una complessa e profonda amicizia col compagno di cella, che lo instrada sulla filosofia della sopravvivenza nel penitenziario e sui valori della giustizia personale, in difesa della famiglia.La storia è basata su un fatto accaduto negli anni '90 nel Penitenziario Statale Corcoran, California.Nel 1996, un esposto sul Los Angeles Times, denunciò che, negli ultimi 8 anni, nell'istituto, le guardie avevano ucciso più carcerati di ogni altro penitenziario del Paese. Emerse che,regolarmente, gli ufficiali organizzavano veri e proppri incontri fra i prigionieri, chiudendoli in recinti, facendo scommesse e sparando su di loro senza nessuna altra ragione se non per il proprio piacere perverso. Wade è un ragazzo comune,coinvolto nella sua attività e desideroso di concretizzare la propria esistenza in una dimensione famigliare consolidata. Ama la sua futura sposa, e com'è naturale, vede nel figlio il realizzarsi della propria discendenza. Ha una casa e, come tutti, lotta per un miglioramento delle condizioni che, peraltro, già gli consentono agio e conforto. Così viene dipinto il quadro di un affetto domestico, basato sul reciproco appoggio fra un uomo e una donna, in un equilibrio trovato in una armonica condivisione.
    Ma senza soluzione di continuità, senza un apparente passaggio, Wade si trova precipitato nella bolgia di un inferno che non ha fine.
    Wade difende la propria sfera famigliare, prima ancora della sua stessa vita protegge quella di suo figlio e della donna con la quale vive; una difesa legittima, che nasce dalla naturale esigenza di proteggere il proprio nucleo, minacciato dal pericolo. Ma la sua reazione è controversa, il suo diritto non viene riconosciuto legittimo ed il caso viene archiviato come abuso di difesa.



    Qui, il regista Ric Roman Waugh, presenta degli spunti di considerazione su una linea molto sottile, eppure discriminante, fra una azione spontanea e naturale insita nell'uomo, a custodia di sè stesso e dei propri diritti e la possibilità di spingersi al di là dell'operare lecito, infrangendo la sfera delle facoltà. In uno dei colloqui che vedono sgorgare le confidenze fra Wade e Smith,Wade prorompe in un grido di angosciante esasperazione, sfogando la propria rabbia repressa: "Dovevo restare in casa e lasciarlo scappare!" Ma l'altro lo riprende: "No! Hai fatto la cosa giusta, hai protetto la tua famiglia. L'unica cosa che conta!". E' un po' come trovarsi di fronte ai due aspetti che una stessa coscienza si trova a dover esaminare prima di una decisione che coinvolge la vita altrui e la propria.L'ingresso di Wade nella struttura,è la sua calata nell'inferno di una realtà inconcepibile ed inconciliabile con la sua vita, come fino ad allora la conosceva. Viene a pararsi davanti ai suoi occhi, fuori e dentro la sua stessa persona, un mondo di inimmaginabile brutalità senza freno. Tutti i valori che Wade conosceva, naufragano in un baratro senza fine. L'amore e la condivisione si vedono sostituiti dalla ferocia e dalla violenza ficcate a forza in un abuso di autorità che degenera in un sopruso disumano, che dà vita ad una dimensione di efferatezza autorizzata e sadismo legalizzato: ("Una volta uscito dall'aula del tribunale, le regole della società non valgono più. Ci sono le regole della polizia e delle bande."). Quello che Wade pensava di avere costruito dentro di sè e nell'ambito della sua esistenza, sembra avere fine e non reggere davanti al prorompere di tanta malvagità. Vede vacillare e gradualmente sgretolarsi i suoi più intimi valori ,la sua fede, la sua famiglia, il suo credo in una vita ordinata ed inserita in una società che ora non vede e non trova più, scossa e crollata sotto i colpi di eventi che non gli appartengono. "Felon si inserisce nel filone delle pellicole di denuncia carceraria, ("Le ali della libertà","Bruebaker","Il miglio verde","Fuga di mezzanotte","Fuga da Alcatraz","Sorvegliato speciale","Tango & Cash"), ma è un film su un dramma maturato in una condizione di prigionìa, una storia dove l'angoscia di tragedie vissute si mescolano con la pena di una giustizia anelata, a scomputo dei propri peccati,eppure negata ("Volevo la pena di morte" - dice Val Kilmer, nel corso della sua confessione a Wade - "ma non l'ho ottenuta. Volevo stare con la mia famiglia"). Quanto resta a John Smith di questa vita concessa e non per la pietà verso un essere umano, è l'eco di una esistenza tormentata e senza pace, come una condanna ad un esilio infernale e senza via d 'uscita. Eppure Kilmer si rivela fonte di speranza per Wade ed è l'unica voce che lo riporta ad una dimensione umana, unico filo che lo tiene ancorato ad una ragione esistenziale e lo nutre della fioca luce indispensabile per una minima concessione di vita.Stephen Dorff,("Botched","Alone in the Dark","Blade","Oscure presenze a Cold Creek"), regge il ritmo del film, crede nel suo personaggio e nella sua caduta verticale da padre e marito a criminale ("Felon"). Stupefatto dell'inverosimile svolta subìta dalla sua vita, segue con realismo l'angosciante sussuguirsi degli eventi che travolgono Wade e le ondate di emozioni che si rovesciano su di lui:stupore, panico e rabbia. Kilmer si trasfigura nel massiccio compagno che accompagna Wade nel suo cammino alla ricerca della speranza. Piuttosto monocorde,ma chi parla per lui,è il sua corpo appesantito (allo scopo) e sofferente della medesima tragedia di Wade. Sam Shepard appare solo a tratti, questa volta comprimario, ma mai inosservato. "Felon" denuncia la cattiveria e la depravazione che si maturano nelle strutture di rieducazione forzata ed evidenzia le incertezze e le ambiguità dei diritti del cittadino e delle proprie prese di difesa nel contesto di una jungla sociale.


    E' un film sulla disperazione come somma delle disgrazie che si aggiungono alle pene ed ai dolori maturati nelle sofferenze della vita.
    Ma "Felon" è anche e soprattutto un film sull'ostinata speranza insita nel profondo di ogni anima, cui non viene mai meno il respiro vitale ed alla quale l'uomo resta aggrappato con intransigente accanimento. E' la speranza che prende vita dalla nobiltà dell'uomo e della sua dignità,da una Giustizia umana e divina che pervade l'intero universo umano ed alla quale nessuna illusione ed utopia potrà mai sostituirsi. "...La prigione ti desensibilizza, ma ti aiuta anche a capire l'importanza di certe cose:la famiglia e la lealtà..., che qui dentro non esistono. Non rifiutare quello che sei diventato,detenuto. Accettalo,usalo per crescere e non perdere mai di vista le cose veramente importanti."

     
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